Scrivo da sempre, almeno da quando la mia memoria ha ricordo. Ero piccolo allora, ma avevo già compreso da solo cosa volesse dire tracciare quei segni interpretabili da altri, prima ancora che la mia voce sapesse articolare una frase di senso compiuto. Era come se il mio cervello elaborasse un pensiero, spiegasse un concetto, ponesse domande e desse risposte senza che tutto questo fossi in grado di esprimerlo a parole, ma solo aiutandomi con una matita, un gessetto, un carboncino, un pezzetto di legno. Ho scritto su pezzi di carta trovati in casa, sui muri scrostati delle case intonacate a calce, sulla sabbia delle spiagge quando mia madre mi portava al mare nelle torride giornate d’estate. Nei miei primi anni ero diventato la disperazione dei miei genitori perché imbrattavo le pareti di casa con disegni e ghirigori; e per questo mi punivano spesso, togliendomi dalle mani quel che avevo di più caro: un pennarello, un colore a cera, un lapis dalla punta smangiata...